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Quando si chiede agli italiani cosa pensano della politica, ormai la reazione più moderata è il disgusto, più spesso l'anatema. E non sono solo i cittadini a fuggire dalla politica: anche svariati politici la disertano. Non contenti di dar vita a un confronto pubblico di ineguagliata rozzezza e astiosità, dimostrano anche un sovrano disprezzo, per non parlare della crassa ignoranza, per le regole base della democrazia parlamentare. Ecco allora dilagare il populismo alla vaccinara di chi pretende di fare e disfare senza rendere conto a chicchessia, minando le istituzioni alla base del bilanciamento dei poteri; ecco il potere giudiziario definito "illegittimo" e il parlamento inondato di decreti. Una deformazione grottesca del sistema democratico che culmina nella figura di Silvio Berlusconi, con il suo esplosivo connubio di inadeguata formazione politica e totale assenza di una cultura del limite. Il popolo identificato con il leader, un capo che si crede investito di una missione divina, veste più volentieri i panni del benefattore che quelli del buon amministratore e usa il suo immenso potere nel più disinvolto dei modi. Queste sono le caratteristiche attuali della democrazia italiana; ormai alla deriva. La domanda è: i cittadini sono ancora in grado di ribellarsi a chi li vuole "popolo bue", acriticamente "intruppati" dietro al leader-padrone? La "buona politica" e la normalità non sono mai sembrate tanto lontane.